18 agosto 2014

Il lago di Roma che affogò l'Ecomostro

C'è un parco a Roma in cui voleva nascere un mostruoso colosso.
Ma un lago lo affogò.


Era dapprima un eco-feto di otto piani e centomila metri cubi di cemento, destinato a diventare centro com­merciale, ASL e uffici, poi - dopo un breve periodo in cui sognò di essere un cubo di impianti sportivi di diecimila metri quadri - si trasformò in quattro grattacieli alti 106 metri e da 30 piani ciascuno.

La nascita di questo colosso fu permessa da una concessione edilizia rilasciata in tutta fretta il 30 maggio 1990, appena cinque giorni prima che il Comune di Roma rinnovasse i vincoli di tutela paesaggistica e ambientale* scaduti su quei 4 ettari di verde del quartiere Pigneto, facenti parte dei 14 ettari complessivi in cui sorgeva la fabbrica tessile CISA Viscosa (divenuta in seguito SNIA Viscosa), edificata negli anni 20 dello scorso secolo e chiusa nel 1954.

Quel terreno avrebbe dovuto essere tutelato anche da altri vincoli in quanto facente parte dell'"area archeologica del Torrione" e del perimetro del centro abitato di una periferia storica, dove sarebbero dunque consentite solo opere di restauro e manutenzione e non nuove costruzioni.
Ma il 'matrimonio' tra l'allora assessore regionale all'urbanistica, il democristiano Paolo Tuffi, e la ditta di costruzioni Pinciana 188 Srl di Frosinone dell'imprenditore Antonio Pulcini (poi assorbita dalla Ponente 1978 Srl dello stesso Pulcini) voleva dare alla luce a tutti i costi il suo ecomostro, perciò la concessione fu comunque firmata e l'impresa iniziò a costruire, arrivando a breve al quarto piano dello scheletro del colosso, che cominciava così ad emergere dal terreno.

Un bel giorno del 1992 si scoprì però che quella concessione si basava su una mappa del Piano Regolatore falsificata nella quale era stato disegnato abusivamente un rettangolo azzurro - a indicare l'area edificabile - nel bel mezzo di un territorio protetto.
In parole povere, un abuso edilizio da barzelletta.

Malgrado le lotte dei cittadini del quartiere, il caso giornalistico scoppiato e l'inchiesta della magistratura che portò il 22 maggio del 1992 ad annullare quella concessione edilizia, il costruttore andò avanti a forza di ricorsi al TAR e al Consiglio di Stato finché, nel febbraio del 1995, l'area fu occupata - con l'intenzione di bloccare personalmente le ruspe - dagli abitanti della zona che volevano nascesse un parco in quello spazio verde.
E come dargli torto, dal momento che quel quadrante Prenestino-Pigneto, una delle aree a più alta densità abitativa in Europa coi suoi 124 mila abitanti, ha a disposizione 4 metri quadrati di verde per abitante quando le leggi ne fissano il minimo a 9, e che nell'unico grande polmone del quartiere non si può accedere perché destinato - grazie a continui illeciti - a soffocare nel cemento?
Fu da quell'occupazione che nacque il Centro Sociale exSNIA.

Ma la vera grande sorpresa per i cittadini che occuparono l'ex fabbrica tessile fu la scoperta di un lago naturale di circa 6000 metri quadri, profondo 9 metri, di cui si ignorava l'esistenza.
Infatti prima dei lavori non esisteva.
Furono proprio gli scavi e l'impianto nel terreno dei grandi piloni di cemento armato a sfondare una falda sotterranea di quell'acqua Bullicante che da' il nome a una nota via della zona, e a far emergere nel 1992 l'acqua minerale che generò il lago balneabile, attorno al quale ben presto nacque un ecosistema ricco di biodiversità.



Il costruttore edile Pulcini cercò allora di cancellare questo miracolo naturale facendo aspirare l'acqua dalle idrovore per riversarla nella rete fognaria, ma il risultato fu la rottura di un collettore, quindi il collasso delle fogne e il conseguente allagamento di via Prenestina.
Malgrado nel frattempo a Roma cambiarono amministrazioni e sindaci nessuno portò a termine la procedura di esproprio dell'area, avviata nel 1994 e necessaria ad impedire altri abusi e a ridare il parco ai cittadini.
Il lago chiuso intanto fu risorsa idrica per circa 800 extracomunitari che nei ruderi delle strutture dell'ex fabbrica trovarono riparo per qualche tempo, fu palestra per i canoisti sui loro kajak e fu per lunghi anni uno dei luoghi più segreti da visitare a Roma.
Poi, il 3 agosto del 2004 un'Ordinanza del Sindaco Veltroni (la n.194) decretò l'esproprio definitivo di 6,5 ettari dell'area fra il lago e via di Portonaccio al fine di realizzare il Parco Prenestino, ovvero l'attuale Parco delle Energie.

Costituito un Comitato del Parco e assegnati due spazi pubblici (la Casa del Parco, costruita dall'Istituto Nazionale di Bioarchitettura di Bolzano, inaugurata nel 2012 e destinata al Catasto del Verde, ora sede dell'archivio storico della ex-fabbrica, mediateca e ludoteca, e il Quadrato, spazio polifunzionale finanziato da un progetto europeo e gestito dal centro sociale exSNIA),  già nel febbraio del 2009 si fece avanti un altro abuso, altrettanto fantasioso, quando il commissario delegato ai Mondiali di Nuoto Claudio Rinaldi, a cui erano assegnati poteri straordinari dal Presidente del Consiglio dei Ministri Berlusconi, autorizzò la società ASD Larus a costruire il temuto ecomostro, stavolta sotto forma di cubo di cemento, occupando diecimila metri quadri di area pubblica verde (che le fu già consegnata dal Comune di Roma il 4 novembre 2008) destinata ora a piscine, palestre, solarium, bar, ristorante, sala congressi ed appartamenti.
Ma era in corso un evidente bluff: a soli 60 giorni dalla consegna del complesso sportivo per gli imminenti Mondiali di Nuoto i lavori non erano ancora iniziati, e da ciò si capiva che i Mondiali erano solo una scusa per cementificare l'area senza chiedere permessi a nessuno.
Su pressioni dell'allora Municipio VI (oggi V), all'epoca neanche interpellato dal sindaco Gianni Alemanno che concesse l'area, e dei cittadini che occuparono il Dipartimento allo Sport del Comune di Roma, fu fortunatamente revocata anche questa concessione e così anche questo enorme complesso sportivo - nuova forma del nostro temuto colosso - fu abortito.

L'anno successivo il sindaco Alemanno sfoderò una nuova arma per togliere l'area verde ai cittadini: il Bando sui Relitti Urbani che, apparentemente atto a recuperare edifici degradati e dismessi, permetteva in realtà di riedificare nelle zone ex-industriali.

Nel marzo del 2012 tentarono dunque di far nascere questo ecomostro, stavolta con la scusa del Campus Universitario.
Il Piano d'Assetto Generale proposto dall'Università degli Studi di Roma La Sapienza e approvato dal Consiglio Comunale nel 2003 prevedeva nuove aree destinate al fabbisogno di spazi. Magicamente queste cubature destinate allo studio divennero residenze sulla carta grazie alla Rivisitazione del Piano voluta dal rettore Frati, residenze che nel Piano erano originariamente previste a Tor Vergata, Pietralata e Acilia, e non nell'exSNIA.
La nuova speculazione venne fermata anche stavolta, grazie ai numerosi presidi in Piazza del Campidoglio organizzati dal Forum Territoriale Permanente del Parco delle Energie.
E si svelò così l'ennesimo scandalo che fece saltare l'ennesimo tentativo di cementificare: La Sapienza avrebbe acquistato dal costruttore Pulcini 4 ettari di terreno per 200 milioni di euro, terreno (e relativi capannoni) che risultò però gravato da un ipoteca che Pulcini contrasse col Banco di Napoli, e infine il contratto per l'edificazione venne assegnato dal rettorato allo stesso Pulcini che ci avrebbe così guadagnato soldi pubblici due volte, e su un terreno già ipotecato. Solita tarantella all'italiana insomma.

Nel 2012 rispuntò al Campidoglio il Bando Relitti Urbani e il palazzinaro si rifece avanti a inizio 2013, approfittando anche della legge regionale del Piano casa di Renata Polverini, e depositò il progetto dei quattro grattacieli.
Il 12 ottobre 2013, durante le giornate di LOGOS la Festa della Parola al CSOA exSNIA, i cittadini furono protagonisti della prima discesa pubblica al lago e là si tenne un Laboratorio di immaginazione partecipata dei DAUHAUS (Discorsi Autonomi Urbani). Venne reso pubblico il progetto della Ponente 1978 Srl dei grattacieli che prevedeva anche la copertura del lago, a cui nel frattempo avevano dato il nome dell'ex-Presidente della Repubblica partigiano Sandro Pertini.
Le ruspe di Pulcini in quei giorni combinarono un altro guaio, tirando giù il fianco est della collina in cui si trova la pineta storica tutelata da vincolo ambientale e per questo contro la società dell'imprenditore edile fu esposta querela dal Forum Territoriale.
Ma la prima buona notizia per i cittadini romani arrivò nel dicembre del 2013, quando la Giunta Marino rigettò il Bando Relitti Urbani, negando così a Pulcini la costruzione dei grattacieli.
La seconda, più recente, è quella delle 3 e mezza di notte del 1 agosto 2014: la Giunta ha trovato nel bilancio previsionale 2014 i 500 mila euro necessari per mettere in sicurezza il lago, demolire lo scheletro dell'ecomostro ed aprire l'area al pubblico.
Solo 5 giorni dopo, la mattina del 6 agosto, il Comune di Roma ha completato finalmente l'esproprio buttando giù la prima pietra di quel muro che ha impedito l'accesso al parco e al lago a tutti per vent'anni, sotto gli occhi increduli e rabbiosi dei legali dello speculatore edilizio.

«In mezzo ai mostri de cemento
il lago è 'n sogno che s'avvera
è la Natura che resiste
stanotte Roma è meno nera»
Assalti Frontali & Muro del Canto, "Il lago che combatte"



*Per più informazioni sui vincoli paesaggistici ed ambientali della zona consultare il relativo dossier del WWF qui.
Qua il blog che segue le vicende del lago e qua il FB.