8 agosto 2013

Destino da brigante


Questa è l'introduzione che ho scritto per un libro fantastico, L'arte a 45 giri (Giunti editore), catalogo dell'omonima mostra tenutasi al PAN di Napoli.
Visti i fatti narrati, è legittimo che dalla carta si trasferisca nel DIARIO del mio MANIPHESTO:



L'arte a 45 giri (Giunti editore)

Lo ricordo perfettamente.
A 7 anni e mezzo mi prese un attacco di rabbia furiosa perché trovai spezzato il 45 giri La Storia di Salvatore Giuliano di tal Gino Maringola, che avevo prelevato dalla collezione di dischi di mio nonno, tra La Voce di Napoli di Sergio Bruni e i singoli di Claudio Villa, Alvaro Amici, Lando Fiorini e Gabriella Ferri.
In quell’estate che volgeva ormai alla fine quel disco lo avevo talmente arroventato nell’inseparabile Penny, il mio mangiadischi rosso, che citavo a memoria le vicende del brigante siciliano a chiunque mi capitasse a tiro.
Potevo ripetere anche salti e fruscii di quel vinile liso.
Sotto la canicola di quegli interminabili pomeriggi d’agosto accompagnati dalle stonature delle cicale, sottoponevo a ripetuti ascolti la bambina che mi piaceva (se la memoria non m’inganna si chiamava Daniela) malgrado lei capisse solo il tedesco.
Avrà catalogato quest’esperienza tra gli shock infantili la povera disgraziata.

Alla faccia della mia evidente sofferenza per la separazione da Giuliano, nessuno dei miei famigliari confessò il disco-cidio, e così, al rientro dalle vacanze, per vendicarmi di quegli adulti che tacevano le colpe cominciai a disegnare su tutte le copertine dei 45 giri di mio padre e mia madre, singoli di discomusic e sbobba da Sanremo e Festivalbar.

Lasciavo intatte solo quelle delle sigle dei disegni animati e quelle dipinte perché avevo la sensazione di non poterle disegnare meglio.

Oggi ho recuperato in soffitta quei vinili. È una collezione invidiabile.
Sentendomi come Pippi Calzelunghe col suo scrigno di monete d’oro ho rivissuto lo stupore con cui divoravo da ragazzino i personaggi e le atmosfere surreali di Gerald Scarfe nel 33 giri The Wall dei Pink Floyd quanto il segno di Guido Manuli sui 45 di Johnny Bassotto, La Tartaruga e Isotta. Ho provato di nuovo l’ammirazione con cui da adolescente copiavo i gatti di Ralph Bakshi da Harlem Shuffle dei Rolling Stones e la determinazione con cui, ormai ventenne, imitavo il segno di Charles Burns dalle cover di Iggy Pop. 
Di Signor Giudice di Vecchioni, così come dell'intero 33 giri Il Grande Sogno, ho consumato più il disegno di Andrea Pazienza che i solchi del vinile.


Gerald Scarfe, The Wall (Pink Floyd)

Riguardo queste vecchie buste di carta disegnate e vedo chiaramente la responsabilità che hanno avuto sulla mia scelta di fare l’artista.

Comprendo ora pure la bellezza di quell’amore bambino, eppure già tanto paziente, di quella piccola tedesca, e la perdono per aver spezzato quel disco e avermi negato così un destino da brigante.

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